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Pietro I.

(detto il Grande). Zar di Russia, della dinastia dei Romanov. Figlio dello zar Alessio Michajlovič e della sua seconda moglie Natalia Naryškina, alla morte del padre, avvenuta nel 1676, era solo quarto nella linea di successione al trono: lo precedevano infatti lo zarevič Fëdor III, il fratellastro Ivan e la sorellastra Sofia, cui comunque fu affidata la reggenza. Per questo motivo, e per la rivalità tra le famiglie Miloslavskji e Naryškin, cui appartenevano rispettivamente la prima e la seconda moglie dello zar defunto, P. fu allontanato dal Cremlino con la madre. Tuttavia, a causa della morte prematura di Fëdor (1682), egli fu richiamato a Mosca, a condividere il titolo imperiale con Ivan (cui inizialmente era stato preferito, ma che una sollevazione della guardia imperiale fomentata da Sofia aveva imposto come primo zar): alla sorellastra, che non era riuscita ad ottenere per sé il titolo di zarina, rimase comunque la funzione di tutela. P. fu nuovamente allontanato dalla capitale e per diversi anni si occupò, trascurando gli studi tradizionali, di tecnica militare, costruzioni navali e, in genere, di ogni innovazione tecnico-pratica di origine occidentale di cui riuscisse ad avere notizia: dall'architetto austriaco Franz Timmermann apprese la matematica e l'arte militare; dallo svizzero Lefort le scienze, dal carpentiere Brandt, di origine tedesca, la nautica e le tecniche di costruzione navale. Con i compagni di quegli anni, costituì il primo nucleo del famoso reggimento Preobrazenskij, che gli fu sempre fedelissimo. Nel 1687 riprese la lotta con Sofia, da cui infine P. uscì vittorioso e unico zar, avendo deposto il fratellastro. In un primo periodo, per circa un decennio, affidò la gestione della politica interna alla madre e, alla sua morte, ai notabili delle famiglie boiare, dedicandosi completamente a quella estera secondo un progetto espansionista. Posto che ogni sforzo del nuovo zar tendeva all'emancipazione della Russia, da un punto di vista militare, tecnico, scientifico e dei costumi, al fine di poter competere su un piano di parità con le Nazioni dell'Occidente, il suo primo obiettivo, in ordine di tempo, fu quello di aprire uno sbocco al Paese sul Mar Nero. Egli intraprese un'azione militare contro i Turchi per prendere Azov e malgrado il fallimento dell'impresa tentata nel 1695, l'anno seguente i Turchi furono sconfitti dalla prima flotta armata dallo zar. La conquista venne formalmente riconosciuta più tardi, nel trattato di Costantinopoli; tuttavia, la colonizzazione dei nuovi territori da parte di famiglie russe fu immediata e consistente. La curiosità per il mondo occidentale spinse P. a compiere un viaggio di studio in incognito (1697), durante il quale lavorò personalmente per impadronirsi delle tecniche, soprattutto navali, di suo interesse e contemporaneamente reclutò esperti e specialisti, tecnici ed ingegneri, per avviare i cantieri moscoviti. Dopo essersi recato in Olanda, Inghilterra, Prussia (dove fu anche artigliere), Boemia, P. fu costretto a rientrare in patria a causa di una rivolta degli strel'cy, la guardia imperiale, a favore della deposta Sofia. La repressione cruenta di tale rivolta (1698), con più di mille pubbliche esecuzioni, inaugurò il suo regime di assoluta autocrazia, assumendo egli, in tale occasione, il controllo di tutti gli istituti dello Stato in precedenza gestiti dai boiari e dagli ufficiali dell'esercito. Il trattato di Costantinopoli del 1700 aveva posto termine alla lotta contro i Turchi, assicurando l'accesso della flotta russa nel Mar Nero; analogo obiettivo di sbocco al mare P. si era posto per quanto riguardava il Baltico, la cui costa orientale era allora controllata dalla Svezia. In funzione antisvedese aveva già firmato, nel 1699, un accordo a Mosca con il re di Polonia Augusto II e quello di Danimarca Federico IV, mentre venivano approntati nuovi reggimenti di fanteria e di cavalleria (V. NORD, GUERRE DEL). Nonostante l'assedio della città estone di Narva si fosse risolto in una grave sconfitta per l'esercito russo, P. non rinunciò al suo intento; così, incrementando il reclutamento delle truppe, perfezionando l'organizzazione dell'esercito e intensificando la produzione di armi leggere e cannoni, poté riprendere l'offensiva contro la Svezia di Carlo XII. Riuscì infine a conquistare i Paesi baltici e a sconfiggere gli Svedesi presso Poltava, in territorio polacco, nel 1709. Lo stato di belligeranza non cessò ancora per diversi anni, dal momento che Carlo, rifugiatosi presso i Turchi insieme all'etmano dei cosacchi Mazepa anch'egli in lotta con P., indusse questi ultimi a riaprire le ostilità contro la Russia (1710). La pace russo-turca, chiamata del Prut, dal fiume presso il quale P. fu sconfitto dai Turchi, comportò la perdita per i Russi di Azov e la concessione dell'autonomia per i popoli cosacchi; tuttavia, essa consentì allo zar di neutralizzare l'alleanza tra Svezia e Turchia e di mantenere le posizioni conquistate nel Baltico. La lunga guerra nordica si concluse solo nel 1721, ormai morto Carlo XII, con il trattato di Nystad, in forza del quale la Russia vedeva riconosciuta la sua posizione egemone nel settore, ulteriormente rafforzata dall'acquisto di parte delle coste finlandesi. Questi risultati nella politica di espansione territoriale furono integrati da P. con nuovi impulsi alle migrazioni interne di coloni russi verso la Siberia, con l'intensificazione dei rapporti commerciali con la Cina e con la Persia e con l'occupazione manu militari delle coste occidentali del Mar Caspio (1723, Trattato di Pietroburgo). Il processo di trasformazione della Nazione, avviato in misura tanto massiccia sul versante militare e territoriale, non fu tuttavia meno intenso e incisivo sul piano delle riforme interne: amministrative, economiche, tecniche, ma anche relative alle tradizioni nazionali e religiose. Emancipare il Paese verso modelli occidentali significò per lo zar agire anche sul piano del costume (impose ai nobili il taglio della barba, multando chi si ostinasse a portarla; introdusse l'abbigliamento europeo proibendo quello tradizionale di foggia asiatica; riformò il calendario e stabilì, a partire dal 1700, il primo gennaio come primo giorno dell'anno in luogo della data, fino allora utilizzata in Russia, del primo Settembre). P., infine, fondò numerose scuole e istituti culturali, stimolando i giovani ricchi a recarsi a studiare in Europa per importarne poi le conoscenze in patria, e seguì personalmente le pubblicazioni della prima gazzetta russa: "Vedomosti" (1703-1727). Il maggior impegno fu tuttavia dedicato alla riforma e alla ristrutturazione dell'esercito, con l'istituzione della leva obbligatoria su base locale (almeno un coscritto ogni venti nuclei familiari contadini) e l'allestimento di una potente flotta da guerra. Le necessità economiche di una tale opera di crescita militare imposero un riassetto globale e organizzativo, tanto del settore finanziario quanto di quello amministrativo. Fu realizzato un bilancio generale dello Stato, sia centrale, sia articolato in base alle entità locali. Inizialmente alcuni generali furono posti a capo delle singole regioni dell'Impero, coagulate in otto governatorati, riunendo in un'unica figura il potere civile e giudiziario e il compito di esazione fiscale. P., in quanto autorità politica centrale ed autocratica, gestiva riunioni e rapporti regolari con i governatori, cui affiancò un "Senato" (1711). Tale collegio fu poi riformato, per essere composto dai governatori stessi e da tutti i responsabili di vari collegi o dicasteri dello Stato e dell'amministrazione, che diventarono in seguito i "ministri". La riforma finanziaria fu preceduta da un censimento della popolazione, in seguito al quale l'antica tassa calcolata "per fuochi" (cioè per famiglie) fu sostituita dal "testatico" (cioè secondo le persone). La responsabilità di tali imposte, per quanto riguardava contadini a mezzadria e servi, ricadeva sui proprietari terrieri, ai quali spettavano in cambio i diritti accordati dall'istituto della "servitù della gleba" sugli uni e sugli altri. Le riforme finanziarie ed amministrative coinvolsero, naturalmente, anche l'ordinamento sociale, dal momento che tutti i membri della nobiltà furono chiamati a prestare servizio nell'esercito e negli organismi statali. Ai giovani nobili veniva imposta la frequenza a corsi di istruzione, in seguito ai quali cominciavano la carriera come soldati semplici, conquistando le promozioni in base al merito e non al censo. Gli avanzamenti di grado erano possibili a tutti, e a partire da un determinato livello, tutti gli ufficiali, indipendentemente dalle loro origini di classe, accedevano alla qualifica nobiliare. Ciò accadeva anche per i funzionari in ambito amministrativo, per i quali era contemplata una carriera di 14 gradi, favorendo la creazione di una "aristocrazia burocratica',' per lo più di uomini nuovi e di umili origini, il cui titolo veniva acquisito a partire dall'ottavo grado della scala gerarchica. Come contropartita all'obbligo di servire lo zar, la nobiltà vecchia e nuova ottenne la proprietà ereditaria di tutte le terre di cui godeva a vario titolo l'usufrutto. Lo Stato stesso, inoltre, favorì lo sviluppo del commercio, di stabilimenti, officine, fabbriche (soprattutto di armi e tessili) dando notevole impulso all'economia. Le mire accentratrici dello zar si espressero anche nei confronti della Chiesa ortodossa. Alla morte del patriarca Adriano (1700), P. aveva lasciato vacante il posto, giungendo nel 1718 a sopprimere il patriarcato medesimo, e nel 1721 a ricondurre la Chiesa sotto l'autorità diretta dello zar con la costituzione di un Santo sinodo presieduto da un procuratore generale di nomina imperiale. La brutalità e la rigida imposizione di tali e tante riforme in tutti i campi della vita statale, causarono ostilità e opposizione interna a P., considerato dal clero e dai religiosi quale incarnazione dell'Anticristo (anche a motivo della condanna a morte da lui stesso comminata al figlio e zarevič Alessio, che gli si era opposto). Tuttavia non si può negare che, pur nel susseguirsi caotico ed autoritario di provvedimenti e innovazioni, P. contribuì realmente ad una certa modernizzazione della Russia, non ultimo anche con la costruzione della nuova capitale Pietroburgo (iniziata nel 1703), considerata "una finestra sull'Europa". D'altra parte, l'ascesa della Russia come potenza europea fu contemporanea alla polarizzazione della sua società, in cui la vecchia nobiltà e la nuova aristocrazia di burocrati si fusero nei diritti e nei doveri, mentre le classi inferiori vennero omologate nel gravoso istituto della servitù della gleba, causa principale dei numerosi moti contadini che si susseguirono per tutto il XVIII sec. P. morì nel 1725 senza aver designato un successore, come la legge che eliminava la successione ereditaria per primogenitura avrebbe invece voluto: salì al trono, con il nome di Caterina I, la sua seconda moglie, che egli stesso aveva fatto incoronare zarina l'anno precedente (Mosca 1672 - Pietroburgo 1725).